La chiesa di Sant’Aponal, col buio delle sue volte, poi, aveva fatto il resto: la grassa fantesca per l’occasione rinunciava al ruolo di chioccia protettiva lasciando dapprima che Bianca lo salutasse e, in seguito, che scambiasse con lui qualche parola. Ben presto, anche grazie a qualche piccolo regalo, l’amabile conversazione con la ricca ragazza cominciava e finiva con l’inizio e la fine della funzione.
Bianca era allegra e simpatica, anche se talvolta sembrava di un’ingenuità disarmante; benché vivesse in una gabbia dorata, non vedeva l’ora di parlare liberamente con qualcuno, specie se questo qualcuno era un bel giovane, gentile e di ottima famiglia. Passare dalla semplice conoscenza all’amicizia e da questa a qualcosa di più profondo era stato facile. Ben diverso sarebbe stato l’approccio con il padre, burbero e villano che, nelle poche occasioni in cui avevano avuto modo d’incontrarsi, non lo aveva degnato di uno sguardo.
«Perché non ti fai preparare una lettera da tuo padre, nella quale invita il mio a concedermi in sposa?» aveva detto un bel giorno Bianca mentre il resto della chiesa intonava un inno. Pietro sapeva che un fatto del genere avrebbe potuto aprire ogni porta: dopotutto Bartolomeo Cappello era un cliente importante del banco[3], e di certo non avrebbe esitato ad unire la sua famiglia con un’altra illustre come quella dei Salviati. Il problema di Pietro, però, era che tra i suoi parenti di Salviati non ce n’era proprio nessuno.
«Vedrò cosa posso fare.» le aveva risposto con aria fiduciosa, ben sapendo che una richiesta simile era in realtà impossibile.
Gli incontri continuarono e, a mano a mano che passava il tempo, il legame tra i due pareva cementarsi: Bianca contava il tempo che la separava dalla messa e Pietro, con l’aiuto di Cattina, si faceva sempre più audace.
E intanto le voci cominciarono a serpeggiare.
«Forse sarebbe meglio che non continuassimo così: qualcuno potrebbe raccontare chissacché a mio padre e non oso pensare a come potrebbe reagire!» si era poi confidata Bianca alla fantesca, rivelando un’inaspettata maturità; quest’ultima, dicendosi d’accordo, alla prima occasione l’aveva riferito a Pietro.
La notizia era stata per lui come la nuvola nera che preavvisa la tempesta: se non avessero potuto più frequentarsi, c’era il serio rischio che la passione si raffreddasse e con essa se ne andassero le speranze di far sua la nobile Cappello. Urgeva trovare una soluzione.
[3]Bartolomeo Cappello usava spesso la mediazione del Banco Salviati, proprio di fronte a casa sua, per i suoi affari. (nota d'autore Paolo Mameli)
da "La pericolosa e incredibile fuga di Bianca Cappello" scritta da Paolo Mameli
La chiesa di Sant’Apollinare fu edificata nel XI secolo da una famiglia di Ravenna. Ha subito nel corso dei secoli qualche restauro e nel 1810 fu privata di ogni sua opera e poi fu riaperta nel 1851. La facciata è in stile gotico veneziano e l'ornamento scultoreo è attribuibile allo scultore Antonio Rizzo. L’interno è ad una unica navata e l’opera più importante è il Martirio di Sant’Apollinare di Lattanzio Querela. Attualmente la chiesa è sconsacrata e chiusa.
(Photocredit: Wikipedia)
Paolo Mameli, nella sua guida "Passeggiando per... Rialto" spiega che la chiesa di Sant'Aponal fu ricostruita interamente nel XV sec. in forme gotiche. Nel 1594 subì ulteriori interventi. Nel 1929 subì un profondo restauro, che tra l'altro, inserì nella facciata sia la croce scultorea trecentesca che i rilievi con Cristo e santi del primo XIV sec. portati qui da altro luogo. Anche il portale è di recente fattura (1943).
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